Bollicine? È il metodo che fa gli spumanti!

Quello degli spumanti è un mondo vastissimo, quasi quanto il numero di bollicine contenute in una flûte.

La differenza la fa il metodo!

La distinzione principale da farsi nel mondo delle bolle, riguarda il metodo con cui queste vengono create, si posso distinguere: gli spumanti con rifermentazione in autoclave e gli spumanti con rifermentazione in bottiglia o metodo classico.

Tranquilli, non è un’altra lingua, procediamo con ordine!

In entrambi i casi si deve partire da un vino,chiamato “vino-base“, che può essere composto da monovitigno oppure da un assemblaggio ad arte di diversi uvaggi.

La rifermentazione in autoclave è la particolarità del metodo chiamato Martinotti o Charmat (dal nome di chi ebbe l’idea e di chi la realizzò); da questo procedimento rapido, che permette di mantenere le caratteristiche delle uve impiegate, si ottengono vini freschi, e di pronta beva (come piace dire a noi sommelier). Lo sono ad esempio, il nostro Prosecco e l’Asti Spumante.

Ma vediamo come funziona…

Dopo l’assemblaggio del vino-base, questo viene filtrato e stabilizzato prima dell’aggiunta di lieviti selezionati per la seconda fermentazione; i successivi travasi, filtrazioni e imbottigliamenti vengono eseguiti in condizioni isobariche (con lo stesso livello di pressione).

Metodo Classico, la rifermentazione in bottiglia…

Questo metodo, ricco di storia e di poesia, è quello dal quale scaturiscono le bollicine degli aristocratici Champagne, dei grandi Franciacorta e Trento Doc.

In Italia i pionieri di questa tecnica, che all’epoca si poteva chiamare “metodo Champenoise”,  furono Camillo Gancia, Antonio Carpené e Giulio Ferrari. Adesso, le zone rinomate per la produzione di questi spumanti sono la Lombardia (con Franciacorta e Oltrepò Pavese) e il Trentino-Alto Adige, ma possiamo trovare bottiglie di qualità in molte altre regioni.

Dopo la creazione della cuvée (l’assemblaggio dei vini-base utilizzando principalmente Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco) si procede con l’addizione del “liqueur de tirage”, che consiste in una mistella di vino, zucchero di canna e lieviti. Quando il vino e la miscela si saranno amalgamati alla perfezione si procede con l’imbottigliamento. La bottiglia viene tappata con il tappo a corona ed un piccolo cilindro di plastica chiamato bidule, che servirà a contenere i lieviti.

Foto di bottiglie di spumante in fermentazione inclinate verso il basso.

Durante il periodo di permanenza del vino sui lieviti, che va da 18 mesi fino a molti anni, questi trasformeranno lo zucchero in alcool e anidride carbonica, per poi “morire” e andare in autolisi cedendo tutte le sostanze sottratte precedentemente con gli interessi.

Fino a quando non si stabilisce che il vino ha terminato il suo affinamento, le bottiglie rimangono orizzontali per poi raggiungere la posizione verticale attraverso un processo graduale chiamato rémuage. Questo procedimento serve a far arrivare le fecce (i lieviti “esauriti”) fino alla bidule posta sotto il tappo.

Prima della tappatura finale e del confezionamento, si esegue la Sboccatura (o dégorgement).  La sboccata consiste nella stappatura del tappo a corona per far uscire le fecce facendo in modo che queste non ritornino nel vino e lo intorbidiscano. Un tempo era fatta à la volée, girando cioè la bottiglia e stappando  nell’esatto momento in cui l’aria dal fondo arriva al collo della bottiglia facendo uscire solo le fecce senza perdite di vino. Il metodo di strappatura à la volée è sicuramente bello da vedere, ma lento e pericoloso, perché se viene tolto il tappo un istante prima si rimescolano i lieviti mentre un istante dopo si perde troppo vino. La tecnologia ha fornito la soluzione, con un nastro trasportatore che fa passare il collo delle bottiglie a testa in giù nell’azoto liquido il quale gela solo la bidule con il suo contenuto solido; una volta gelato il tappo a corona viene tolto, uscirà solo la parte ghiacciata senza sprechi.

Una parte importante a questo punto, è il dosaggio. Un po’ di vino e zucchero di canna miscelati segretamente vengono aggiunti per avere la quantità di zucchero desiderata dal produttore, in base alla quale saranno spumanti di tipo: Dry, Extra Dry, Brut, Pas Dosé

Dopo l’aggiunta di una piccola quantità dello stesso vino per avere lo stesso rapporto di vino e aria sotto il tappo, si procede con la chiusura con il sughero ed il confezionamento.

A questo punto, dopo tutte queste parolone, un dubbio rimane… Ma nel bicchiere qual’è la differenza?

Beh, il procedimento é molto diverso, e tale sarà il risultato finale!

La lavorazione più “semplice” nel Metodo Martinotti permette di ottenere uno spumante in cui si possono ritrovare le caratteristiche delle uve impiegate, i vini ottenuti saranno di qualità, fini, eleganti, con profumi più delicati, fruttati e freschi. Colori chiari con sfumature che indicano la giovinezza del vino.

Il processo del Metodo Classico è più lungo e complesso (che comporta anche dei costi di gestione maggiori) porterà una struttura superiore, i profumi fruttati lasceranno la scena a quelli derivanti dall’affinamento sui lieviti, gli agrumi daranno spazio alla crosta di pane.  I colori diventeranno più scuri e decisi con riflessi che  tenderanno verso gialli più dorati.

La cosa che accomuna questi vini sono le bollicine, fini e numerosissime, più o meno persistenti, che stimolano la convivialità e rendono i momenti in compagnia più piacevoli ed allegri.

Un consiglio che mi sento di dare è quello di non relegare gli spumanti al ruolo di “gregari”, confinandoli all’aperitivo, ma di dare loro il giusto spazio. Fateli diventare protagonisti abbinandoli a tutto il pasto!

Il secondo consiglio è il più importante: Bevete poco, ma BEVETE BENE!!!

Sommelier Matteo Bernardi per Enjoy Food & Wine

News correlate

Gli articoli correlati: