Il mosto d’uva

Il mosto d’uva: caratteristiche, tradizioni e curiosità

Il mosto d’uva è, per definizione, il succo ricavato dall’uva pigiata e non ancora sottoposta al processo di fermentazione da cui si ottiene il vino.

Il colore cambia in base alla varietà dell’uva raccolta, distinta tra nera e bianca, alla sua qualità e al suo grado di maturazione.

È un liquido opaco, ricco di zuccheri, di tannini, di sostanze acide e azotate, di sali minerali e di lieviti. Questi ultimi sono i microrganismi responsabili della trasformazione del succo in vino.

La produzione di mosto rappresenta il primo passaggio importante nel processo di vinificazione, la vendemmia, poiché gran parte del risultato finale dipende da come il prezioso liquido viene trattato, il materiale di conservazione e le condizioni climatiche e ambientali circostanti.

La percentuale di zuccheri presenti nel mosto determina la gradazione alcolica finale del vino.
I periodi estivi soleggiati e asciutti danno una resa quantitativa nella raccolta dell’uva piuttosto bassa e gli acini dei grappoli risultano piccoli, ma la concentrazione di fruttosio è elevatissima: queste sono, infatti, le annate in cui si produce vino di eccellente qualità.

Adoperando appositi strumenti in grado di misurare la quantità di zucchero presente nel mosto, è possibile calcolare approssimativamente la gradazione alcolica del vino al termine della fermentazione, poiché i due elementi sono direttamente proporzionali. Il livello di acidità, invece, ne influenza il gusto, classificabile secondo una scala di valori crescenti da piatto ad acidulo.

Il mosto d’uva nella vendemmia tradizionale

Nelle tradizioni rurali e nelle grandi aziende vinicole a conduzione familiare del passato, la vendemmia costituiva uno dei momenti più importanti dell’attività agricola annuale.

Il processo di vinificazione veniva eseguito artigianalmente in tutte le sue fasi e il mosto si otteneva sia con la pigiatura dei piedi, utilizzando le tipiche vasche in cemento provviste di condotto esterno, sia per mezzo del torchio. Questo strumento veniva azionato manualmente per diverse ore, al fine di sfruttare al massimo i residui della pigiatura.

Dal torchio colava una spremuta densa e scura, ideale per preparare il mosto d’uva cotto. Questo era spesso adoperato come conservante naturale del vino rosso, a cui veniva aggiunto dopo essere stato sottoposto a lunga cottura in enormi calderoni di rame, fino a ridursi di circa un terzo.

Il vino cotto è una specialità delle regioni del Centro Italia: scuro, corposo, decisamente alcolico e di sapore forte, ha la capacità di mantenersi inalterato nel tempo e viene realizzato con l’uva tipica delle Marche e dell’Abruzzo.

Curiosità gastronomiche sul mosto d’uva cotto

La produzione di mosto cotto proviene da tradizioni antichissime e sussiste ancora in diverse zone d’Italia, anche se la bevanda è denominata con termini differenti: sapa, saba, vincotto.

Il suo utilizzo è destinato soprattutto alla preparazione di dolci tipici come biscotti, torte e ripieni per fritti natalizi. Quasi del tutto privo di alcol, conferisce agli impasti un colore bruno ed è un ottimo dolcificante naturale, già noto al tempo dei Romani.
Accompagna formaggi a pasta dura e stagionati oppure, diluito con acqua fredda, costituisce una bibita fresca e dissetante.

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